In un momento storico in cui la salute pubblica si intreccia sempre più con le dinamiche economiche globali, l’industria farmaceutica si conferma come uno dei settori più strategici per l’Italia. Non si tratta solo di produzione industriale o export: si tratta di vite umane. Negli ultimi vent’anni, i progressi terapeutici hanno contribuito a ridurre la mortalità del 25% e, solo negli ultimi tre anni, ogni cittadino italiano ha guadagnato in media un anno di vita.
L’Italia è un’eccellenza riconosciuta a livello mondiale. Siamo leader globali nella crescita dell’export farmaceutico, con una produzione che ha raggiunto i 52 miliardi di euro e investimenti annui pari a 3,6 miliardi, di cui oltre 2 destinati alla ricerca. Un settore che dà lavoro a 70.000 persone, con un tasso di crescita superiore al 9%, in particolare tra giovani e donne. Eppure, il gap tra domanda di competenze scientifiche e offerta formativa resta una sfida che dobbiamo affrontare con decisione, a partire dalla scuola.
Il Governo ha già avviato importanti passi avanti, come l’ampliamento del Fondo per i farmaci innovativi anche a quelli con innovatività condizionata e agli antibiotici per i germi multiresistenti. Una scelta che guarda alla sicurezza sanitaria, in risposta a una minaccia silenziosa come l’antibiotico-resistenza.
Tuttavia, non possiamo ignorare la realtà: la governance farmaceutica italiana è ancorata a un impianto normativo nato vent’anni fa, pensato per bisogni e logiche superati dall’attuale scenario sanitario e demografico. Un sistema che penalizza l’innovazione e scoraggia gli investimenti esteri, mentre altri Paesi – dagli Stati Uniti alla Cina – rafforzano le loro filiere con politiche industriali lungimiranti.
È tempo di una riforma strutturale della governance farmaceutica. Dobbiamo superare la logica dei silos e costruire un sistema che incentivi chi investe in ricerca, produzione e innovazione sul nostro territorio. Il farmaco non può più essere visto come un semplice costo: è un investimento strategico in salute, sicurezza e competitività nazionale.
Una politica industriale per le scienze della vita è molto più di una misura economica. È una scelta politica, una visione di Paese. È la strada che dobbiamo percorrere se vogliamo che l’Italia non solo mantenga la sua posizione, ma guidi una nuova stagione europea all’insegna della salute e della sovranità industriale.
Come Presidente della Commissione Affari Sociali della Camera, mi impegno per accompagnare questa trasformazione. Serve un dialogo aperto e costruttivo tra istituzioni, imprese e società civile. Perché investire nella farmaceutica significa investire nel futuro di tutti noi.